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Archivio mensile:marzo 2013

Le vespe

Aristofane nelle Vespe mette in scena la vicenda di un vecchio, Filocleone, che è così felice di fare il giudice popolare e di condannare tutti i suoi imputati, che pur di esercitare il suo potere accetta di presiedere anche il processo fasullo di un cane, reo di aver mangiato un pezzo di formaggio. Così il commediografo greco rappresentava l’ossessione diremmo noi “giustizialista” di Atene democratica. Così però sembra che pensino e si comportino anche i nostri magistrati, che pur di arrivare a inchiodare l’imputato di turno, di cui Berlusconi è diventato ormai eponimo e maschera nazionale, sono disposti a passar sopra ad ogni principio razionale o giuridico. Alcuni fatti in particolare meritano un’analisi dettagliata: come può la Boccassini chiedere risarcimento a Silvio Berlusconi per esser stata a suo dire diffamata dal Giornale e al contempo presiedere il processo che lo vede imputato per un altro reato? Si presuppone che lui, condannato per il primo reato, sia divenuto debitore di lei, la quale si appresta a giudicarlo per il secondo, il che però va ovviamente contro il codice penale. Secondo, la stessa Boccassini mette in dubbio il certificato medico del Cavaliere, lei che pure non è un medico, il che significa che o crede che il medico di Berlusconi sia un incompetente oppure che sia un bugiardo: in entrambi i casi, perchè dunque non procede a inquisire anche lui per aver giurato il falso? Diamo tempo al tempo, dice il saggio, non si può mai dire! Siamo sotto l’assedio di uno sciame di vespe magistratuali che attendono solo l’occasione propizia per pungere i loro bersagli prescelti. In tal senso il vantaggio di chi conosce i classici è la sana diffidenza verso ogni promessa di cambiamento o progresso, poichè tutto l’umano è uguale dall’inizio del mondo ad oggi, solo Dio cambia la storia, gli uomini invece corrono in circolo come lancette di uno stesso orologio, e così tornano sempre agli stessi errori ed orrori.

 
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Pubblicato da su 12 marzo 2013 in Attualità, Diritto, Lettere, Politica, Storia

 

Roma locuta, causa finita

Nella sua storia la Barca di Pietro è passata attraverso tempeste e marosi anche peggiori dei presenti: scismi, eresie, rinunce papali (altre sei oltre a quella di Celestino V), esilii avignonesi, prigionie napoleoniche, persecuzioni fisiche e morali in odium fidei di ogni genere e forma. Le piaghe del Corpo mistico sono sempre aperte e -dice bene Pascal- Cristo è sulla croce fino alla fine del mondo, per questo anche se un Papa vi scendesse per debolezza o tentazione saremmo comunque assicurati contro il potere del maligno. Storicamente il clericalismo è stato il tentativo politico di assicurare l’autorità della Chiesa attraverso il potere del clero, oggi lo stesso clericalismo è utilizzato alla rovescia per abbassare o livellare la suddetta autorità alla condizione debole e umiliata dei pastori che tale Chiesa guidano, con il luciferico pretesto di purificarla e sanarla, senza ricordare che l’autorità della Chiesa è l’autorità di Cristo stesso, non dipende dalla santità o dalla fortezza degli ecclesiastici, per questo motivo “Roma locuta, causa finita”. Così sarà anche il Conclave prossimo venturo, nel quale come da sempre saranno i cardinali a votare un papabile ma sarà solo lo Spirito Santo ad eleggere un Papa.

 

Remota iustitia quid sunt regna nisi magna latrocinia?

Per Monti la proposta del Cavaliere di restituzione dell’IMU è un tentativo di corruzione, se prendessimo per buone le premesse del suo ragionamento dovremmo allora concludere che l’imposizione dell’IMU è stato un tentativo -peraltro riuscito- di estorsione? Dopotutto, senza giustizia cosa sono i regni se non grandi ladrocini (Agostino)? Ma giustizia è suum cuique tribuere, dare a ciascuno il suo (Tommaso), il che vuol dire che lo Stato che impone una tassa sulla casa dei suoi cittadini ritiene che tale casa sia infine una sua proprietà, dunque demanio pubblico e non proprietà privata. Ma da Aristotele in poi è stato acclarato che la casa è il fondamento della famiglia, l’oikos, e la famiglia fondamento della polis, non viceversa. E’ chiaro pertanto che qualsiasi governo che tassi la casa è un governo iniquo, anzi ingiusto, perché l’equità è solo la distribuzione simmetrica di un debito asimmetrico, tant’è vero che riecheggia nel nome terrificante di Equitalia, la giustizia invece è corrispondenza esatta e non trasferibile fra un debito e la sua compensazione. Forse che il cittadino comprando casa si prende un debito con lo Stato? Vorrebbe dire che la casa è un privilegio concesso dallo Stato e non una necessità naturale comune a uomini e animali: le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ogni creatura terrestre o celeste ha un suo luogo dove posare il capo, solo il Figlio dell’uomo ne è privo (cfr. Mt 8,18-20). Ora lo Stato, che per tutto il resto ci pesa come bestie agganciate all’aratro, sulla casa invece ha convenienza a considerarci come angeli, giudicandoci capaci di vivere senza una casa o in casa di altri…e come sempre chi prova a fare dell’uomo un angelo lo riduce ad una bestia.

(pubblicato dall’autore su Hyde Park Corner de Il Foglio.it, 04/02/13)